COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE PER LA TOSCANA Sezione Prima riunita in udienza il 25 marzo 2022 alle ore 9,30 con la seguente composizione collegiale: De Carlo Ugo - presidente e relatore; Giammaria Antonia - giudice; Giani Riccardo - giudice; in data 25 marzo 2022 ha pronunciato la seguente ordinanza sull'appello n. 1278/2021 depositato il 28 ottobre 2021 proposto da Villa Lena Societa' Agricola S.r.l. - 06362720481 difeso da: Filippo Dami - DMAFPP74C26D815S; Andrea Gnesi - GNSNDR64R21L702J. Rappresentato da Elena Evstafyeva - VSTLNE83A42Z154S. Rappresentante difeso da: Filippo Dami - DMAFPP74C26D815S; Andrea Gnesi - GNSNDR64R21L702J. ed elettivamente domiciliato presso f.dami@postace.it contro Ag. Entrate Direzione Provinciale Firenze - Via S. Caterina D'Alessandria N. 23 50129 Firenze FI elettivamente domiciliato presso dp.firenze@pce.agenziaentrate.it Avente ad oggetto l'impugnazione di: pronuncia sentenza n. 138/2021 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale Firenze sez. 3. Atti impositivi: avviso di accertamento n. T8B030304146 2019 IRES-ALTRO 2014; avviso di accertamento n. T8B030304146 2019 IVA-ALTRO 2014; avviso di accertamento n. T8B030304146 2019 IRAP 2014. a seguito di discussione in pubblica udienza. Elementi in fatto e diritto La S.r.l. Villa Lena societa' agricola ha impugnato innanzi alla Commissione tributaria Provinciale di Firenze l'avviso di accertamento ai fini Ires, Irap ed IVA per il periodo di imposta 2014 redatto dall'Agenzia delle Entrate di Firenze. La censura preliminare su cui e' fondato il ricorso riguarda la violazione del contraddittorio in quanto l'avviso di accertamento e' scaturito da una mera richiesta di documentazione contabile alla societa' senza che, prima dell'emissione dell'atto impositivo, fossero contestate le violazioni individuate in modo da consentire al contribuente di proporre le proprie difese. Nella sentenza della Commissione Tributaria Provinciale la censura era stata respinta poiche' nella legislazione nazionale non vi e' un obbligo generalizzato di instaurare il contraddittorio per i tributi non armonizzati sostenendo comunque che un contraddittorio si era instaurato avendo l'amministrazione chiesto ed acquisito la documentazione del contribuente. La doglianza e' stata riproposta come motivo di appello ed in caso di accoglimento avrebbe un'efficacia dirimente poiche' l'avviso di accertamento andrebbe annullato e tutte le altre censure di merito relative al contenuto dell'avviso di accertamento non potrebbero essere valutate nel merito. La fondatezza del rilievo, pero', presuppone l'accoglimento dell'eccezione di costituzionalita' che la societa' propone e di cui deve essere delibata la non manifesta infondatezza. E' noto come l'obbligo del contraddittorio per i c.d. tributi armonizzati discenda direttamente dalla disciplina unionale alla luce dell'interpretazione offerta dalla Corte di Giustizia (ex multis Corte di Giustizia, sentenza 18 dicembre 2008, in C-349/07, Soprope', punto 37; sentenza 22 ottobre 2013, in C276/12, Sabou, punto 38; sentenza 17 dicembre 2015, in C-419/14, WebMindlicenses, punto 84). L'invalidita' dell'atto deriva da tale omissione solamente se il contribuente ha assolto all'onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere. Mentre per i tributi non armonizzati, come nel caso di specie l'Ires e l'Irap, la necessita' del contradditorio preventivo e' assicurato solamente nei casi indicati dall'art. 12, comma 7, legge n. 212/2000 cioe' all'esito di una verifica che si sia svolta presso gli uffici del contribuente all'esito del rilascio del verbale di chiusura delle operazioni. Nel caso in esame non vi e' stata la possibilita' di fruire del termine di sessanta giorni per presentare le proprie osservazioni poiche' la c.d. verifica a tavolino non prevede il rilascio di un verbale di chiusura delle operazioni. Si tratta di valutare, pertanto, se la limitazione del contraddittorio procedimentale ai soli casi in cui vi sia stata una verifica conclusa con un processa verbale di constatazione, non sia incostituzionale per violazione dell'art. 3 della Costituzione. Il Collegio e' a conoscenza di tre precedenti pronunce della Corte Costituzionale sul tema. L'ordinanza 187 del 2017 ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione sollevata dalla Commissione tributaria regionale della Toscana per l'inadeguata descrizione della fattispecie oggetto del giudizio principale che non aveva consentito alla Corte di identificare le caratteristiche del procedimento per verificare se si fosse in presenza di una di quelle ipotesi in cui il contraddittorio e' imposto ex lege. L'ordinanza 188 del 2017 ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione sollevata dalla Commissione tributaria provinciale di Siracusa per difetto di rilevanza dal momento che nel giudizio a quo erano state sollevate delle eccezioni preliminari e non era stata dimostrata la loro infondatezza cosicche' non vi era la prova che nel giudizio a quo sarebbe stato necessario affrontare la questione sulla quale era stato sollevato l'incidente di costituzionalita'. L'ordinanza 189 del 2017 ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione sollevata dalla Commissione tributaria regionale della Campania per omessa individuazione delle norme sospettate di incostituzionalita'. Nel caso in esame non siamo in presenza delle situazioni di fatto che hanno determinato le pronunce in rito della Corte Costituzionale. Non vi sono questioni preliminari da affrontare che potrebbero determinare pronunce in rito che non devono affrontare la questione; al contrario si puo' affermare che l'annullamento dell'atto impositivo per violazione dell'obbligo del contraddittorio impedirebbe di esaminare tutte le altre questioni poste dall'impugnazione. La fattispecie in esame e' esattamente riconducibile ai c.d. accertamento a tavolino cioe' effettuati dall'Agenzia delle Entrate sulla scorta di documentazione acquisita dal contribuente senza altra forma di interlocuzione precedente l'emissione dell'avviso di accertamento e per il quale la giurisprudenza della Suprema Corte ha sempre negato l'esistenza dell'obbligo del contraddittorio (si veda da ultimo Cass. 20436/2021). In conclusione la questione e' sicuramente rilevante poiche' l'accoglimento della questione di costituzionalita' determinerebbe la decisione dell'appello in senso pienamente favorevole al contribuente. In relazione alla sua non manifesta infondatezza si osserva quanto segue: il contraddittorio endoprocedimentale e' ormai considerato un parametro generale alla stregua del quale valutare la legittimita' dell'atto di accertamento che non abbia tenuto in debito conto le ragioni che' il contribuente avrebbe potuto addurre se fosse stato messo, dall'amministrazione finanziaria procedente, in condizione di prospettare prima di ricevere la notificazione dell'atto stesso. Alla luce di cio' si potrebbe dare un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 12, comma 7, legge n. 212/2000 cosi' da ritenere che l'obbligo del contraddittorio deve precedere in ogni caso l'emissione di un avviso di accertamento all'esito di un qualsiasi tipo di controllo, rendendo cosi' inutile il ricorso alla Corte Costituzionale. Ma tale interpretazione non ha mai trovato spazio nel diritto vivente caratterizzato dalla sentenza delle SS.UU. della Cassazione 24823/2015 che ha escluso l'applicazione dell'istituto per i tributi non armonizzati fuori dei casi di un'espressa previsione normativa non smentita da pronunce successive. La ragione della limitazione del contraddittorio endoprocedimentale all'ipotesi delle verifiche effettuate presso il contribuente si giustificherebbe con la peculiarita' stessa di tali verifiche, in quanto caratterizzate dall'autoritativa intromissione dell'Amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente alla diretta ricerca, quivi, di elementi valutativi a lui sfavorevoli: peculiarita', che consentirebbe, quale controbilanciamento, il contraddittorio al fine di correggere, adeguare e chiarire, nell'interesse del contribuente e della stessa Amministrazione, gli elementi acquisiti presso i locali aziendali. Ma non bisogna dimenticare che esistono una serie di altre norme particolari che hanno dato spazio al contraddittorio in ipotesi specifiche quali, ad esempio, gli accertamenti fondati su studi di settore, in materia di iscrizioni ipotecarie, di abuso del diritto, di iscrizioni a ruolo derivanti dalla liquidazione di tributi. In dottrina e' stato notato come secondo questa rigida interpretazione anche nel caso di abitazione presso l'abitazione del contribuente e non presso i locali dell'azienda non vi sarebbe l'obbligo del contraddittorio tanto che si auspica il superamento di questa contraddizione attraverso il ricorso all'analogia. L'istituto del contraddittorio endoprocedimentale ha trovato ingresso nel nostro ordinamento per l'influenza del diritto comunitario che lo ha introdotto nella legislazione eurounitaria in ossequio ai principi di leale collaborazione tra cittadini e fisco e di buona fede che deve caratterizzare le condotte reciproche. Il rispetto dei diritti della difesa e del diritto che ne deriva, per ogni persona, di essere sentita prima dell'adozione di qualsiasi decisione che possa incidere in modo negativo sui suoi interessi, costituisce un principio fondamentale del diritto dell'Unione. Il diritto al contraddittorio in qualsiasi procedimento, afferma la Corte di Giustizia, e' attualmente sancito non solo negli artt. 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, che garantiscono il rispetto dei diritti della difesa nonche' il diritto ad un processo equo in qualsiasi procedimento giurisdizionale, bensi' anche nell'art. 41 di quest'ultima, il quale garantisce il diritto ad una buona amministrazione. L'art. 12, comma 7, legge n. 212/2000 si richiama a tali principi: prima di esercitare i poteri che la legislazione fiscale attribuisce ad ogni Stato con la conseguente richiesta di ulteriori tributi e l'applicazione delle sanzioni derivanti da dichiarazioni infedeli, attraverso il contraddittorio si consente al contribuente di apportare elementi che possono eliminare o ridurre gli addebiti che potrebbero scaturire dall'atto di accertamento fiscale. Oltretutto in questo modo viene sicuramente deflazionato il contenzioso fiscale poiche' e' piu' probabile che all'esito del contraddittorio diminuiscano le impugnazioni innanzi al giudice tributario ed in ogni caso l'Ufficio accertatore riduce il rischio di contestazioni che non abbiano un solido fondamento. In questa prospettiva non si vede per quale ragione il contraddittorio debba essere assicurato solamente quando vi e' stata una verifica presso il contribuente che si e' conclusa con un verbale di constatazione. La necessita' del contraddittorio non puo' derivare dalla modalita' del controllo cosicche', come nel caso in esame, dopo un controllo effettuato presso l'ufficio sulla scorta di documentazione acquisita dal contribuente si possa emettere subito un avviso di accertamento, senza attivarlo. La ratio del contraddittorio endoprocedimentale sussiste in tutti i casi in cui l'Agenzia delle Entrate ha svolto un accertamento fiscale in qualsiasi forma poiche' all'esito e' opportuno comunicare all'interessato i rilievi che sono emersi dal controllo in modo da consentirgli di fornire informazioni utili a verificare la fondatezza delle riprese fiscali che l'Agenzia intende operare. Se questa e' la finalita' dell'istituto, costituisce un evidente disparita' di trattamento censurabile ex art. 3 Costituzione, concedere tale opportunita' solamente nell'ipotesi descritta dall'art. 12, comma 7, legge n. 212/2000.